Oggi ho deciso di trattare un argomento piuttosto delicato e per questo motivo, è doverosa una premessa: esistono specialisti che supportano i genitori che hanno difficoltà nel rapporto con i figli e purtroppo, a volte, un intervento esterno diventa necessario; ma per quanto riguarda questo articolo, decido di parlarti di ciò che ho studiato, approfondito e sperimentato negli anni e che ho voglia di condividere con te, senza alcuna intenzione di insegnarti come devi fare la mamma o il papà, ma solo perché tu abbia uno spunto di riflessione attraverso il quale poterti confrontare.
Oggi tratteremo di comunicazione efficace e specifica tra te e tuo figlio, o tua figlia (nell’articolo mi riferirò sempre al maschile, solo per questioni di comodità; ma è ovvio che mi rivolgo a mamme e papà di bambini o ragazzi di entrambi i sessi).
Tra le varie ricerche condotte, ho estrapolato tutte le tecniche e le informazioni:
  • che agiscono direttamente a livello comunicativo,
  • che promuovono la più facile gestione del rapporto genitori/figli,
  • che – come ho poco fa accennato – io per prima utilizzo con le mie figlie riscontrando risultati veramente buoni, sia nel breve che nel lungo periodo.
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Inizio subito con uno degli aspetti fondamentali: l’autostima.
Promuovere e far sviluppare l’autostima di un bambino, è essenziale perché cresca sano, indipendente e sereno.
Come si fa? Ecco alcune cose a cui prestare attenzione:
1. Intanto occhio ai giudizi altrui.
Ebbene sì, dobbiamo partire dalla considerazione che la stragrande maggioranza dei bambini e degli adolescenti (non solo loro, ma oggi trattiamo solo questa fascia d’età), è molto influenzata dal giudizio di coetanei e adulti.
Faccio un esempio: immagina tuo figlio che viene preso in giro dai suoi compagni di classe, per il nuovo giacchetto che indossa. Tu lo vai a prendere a scuola e lo vedi imbronciato e triste a causa delle parole canzonatorie che gli sono state rivolte. Cosa puoi fare? Accetti che non metta più il giacchetto, nonostante sai che gli piaccia, per evitare altre derisioni infantili?
Beh, se il disagio è effettivo, accertati che lui possa ragionare con la sua testa; chiedigli per esempio: “Tu che ne pensi? Sei d’accordo con loro?
In pratica, crea indipendenza di giudizio. Non significa insegnargli che se ne deve “strafregare” delle opinioni degli altri (anche se alcune volte non sarebbe male, a mio avviso); ma che deve mantenere la sua unicità e se ritiene che – come nel nostro esempio – qualcosa gli stia bene o gli doni, è giusto che impari a rimanere coerente con ciò che pensa.
Attenzione: non ti sto dicendo di incitarlo a prendersela con chi lo deride; ma semplicemente di fargli capire che il suo personale parere è importante e prezioso.
2. La seconda considerazione può razionalmente apparire scontata, ma spesso è proprio su questa che si cade. Se si vuole che un bambino cresca credendo in sé, è necessario che i genitori credano in lui per primi e questo indipendentemente dai risultati che ottiene.
È facile e giustissimo lodare un bel voto, un comportamento buono, un elogio da parte di un allenatore o di un insegnate; ma ciò che non deve sfuggire al bambino è che il tuo amore è privo di condizioni. È corretto dirgli “Bravo!” quando fa qualcosa di bello ed è altrettanto corretto fargli notare ciò che sbaglia; ma mostrarti particolarmente deluso o amareggiato se un certo risultato non arriva, o se le aspettative che ti sei creato su di lui, non sono pienamente attese, è il modo migliore per abbattere la sua fiducia in se stesso.
Ti porto un esempio piuttosto comune:
Lisa ha due figli, il più grande, Marco, bravissimo a scuola e il secondo, Matteo, che tenta di impegnarsi, ma è più svogliato e ottiene voti più mediocri. Avendo vissuto i successi scolastici di Marco, Lisa si aspetta gli stessi risultati dal fratello, mostrandosi invece profondamente incredula e infastidita quando questi arrivano solo in parte. È importante incitare Matteo a studiare di più, ma è essenziale capire che non tutti emergono negli stessi campi e allo stesso modo; quindi adattare le aspettative alla persona in questione e mostrargli comunque amore.
Elogia l’impegno più del risultato e comunque rinforza i comportamenti positivi: “Sei stato proprio bravo a fare…”, “Grazie di avermi aiutato con…”, “Oggi hai riordinato proprio velocemente, bravo!”ecc.
Il concetto però è “ti amo per quello che sei, non per i risultati che ottieni” e questo va detto e dimostrato: le parole in questo caso non bastano.
3. Altra cosa che noi mamme spesso dimentichiamo: è sbagliato sostituirsi ai propri figli per qualsiasi cosa debbano fare.
Questo vale quasi in tutto, dall’imparare a sistemare la cameretta da soli, allo sparecchiare la tavola dopo il pasto, al risolversi una discussione con un amico, o a provare a fare qualcosa che pensi non rientri nelle sue capacità. Se vuoi crescere un bambino libero e protetto, lascialo sperimentare (ovviamente purché non sia in pericolo) e provare a cavarsela da solo: poni attenzione in ciò che fa e intervieni solo se c’è un bisogno o un’esigenza effettiva.
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Poi è chiaro che i bambini combinino qualche pasticcio e a quel punto il rimprovero diventa necessario per insegnargli cosa è giusto e cosa invece non lo è; però esiste rimprovero e rimprovero e alcuni di questi possono essere efficaci, mentre altri possono creare ancora più danni del fatto accaduto.
Vediamo come dovrebbe essere costruito un “richiamo” affinché arrivi il messaggio corretto e non solo una “sbraitata” di mamma o papà da bypassare la prossima volta.
a) Non c’è bisogno di offendere o affibbiare etichette negative. Sentenziare dopo un guaio “Sei stupido!” (ma anche: “Sei un disastro”, “Sei un bambino cattivo”…), significa dare un giudizio a lui come persona ed è questo ciò che arriva alla testa di tuo figlio. Affermare invece: “Hai fatto una cosa stupida”, rimprovera il comportamento, non rifiuta lui come individuo.
b) Evita di rivangare vecchie questioni: se qualcosa è chiuso, è chiuso e non serve tirarla fuori, specie se ne avete già parlato. In fondo lo possiamo capire bene anche noi adulti: quanto ci irrita quando discutiamo con qualcuno per una cosa appena successa e lui/lei ci fanno pesare anche fatti già risolti? Ti è mai accaduto? Normalmente ci si irrita ancora di più e la comunicazione non solo perde di efficacia, ma anche di lucidità e prospettiva di soluzione.
c) Fai una critica costruttiva. É inutile dire e ripetere ciò che è stato sbagliato e lamentarsene fino a quando non ci si sia sfogati: indicagli il modo pratico e concreto per fare meglio la prossima volta. Detto in altri termini: investi tempo e pazienza a suggerire la soluzione, non a ripetere il problema.
Ricorda che tu non sei solo “giudice”, ma sei prima di tutto guida: quindi spiegagli come rimediare e come comportarsi nel modo più corretto.
d) Infine, se il guaio non è proprio grave, ma vuoi fargli notare una disattenzione o qualcosa che potrebbe migliorare, prova a costruire il tuo parere partendo da qualcosa di buono che ha fatto, chiarendo – nel mezzo del vostro discorso – ciò che andrebbe rivisto e poi concludendo in modo positivo: basta anche solo un sorriso perché, pure se avete avuto una discussione, il messaggio deve sempre essere quello di serenità nel vostro rapporto.
Ti faccio un altro esempio e stavolta lo prendo dalla mia esperienza personale: una delle mie figlie ha iniziato da poco le elementari e pur essendo brava a scuola, è però disordinata, tanto che sul suo quaderno c’erano bei voti, ma anche annotazioni delle maestre sulla necessità di maggiore ordine nella scrittura. Una volta l’ho presa da parte e le ho chiesto di mostrarmi il quaderno; mentre sfogliavo le pagine (ovviamente entrambe sapevamo del problema “caos”) lei era attenta alla mia reazione e aspettava il mio parere. L’ho osservato tutto con calma, facendole di tanto in tanto qualche domanda curiosa su ciò che le era piaciuto di più imparare e infine ho concluso più o meno così: “Lo sai che sei stata proprio brava? Hai fatto tutti gli esercizi corretti e hai preso anche degli ottimi voti… certo, senza dubbio basterebbe essere un po’ più ordinata (scrivere i numeri nei quadratini, rispettare le righe, limitare le troppe cancellature…) per avere un quaderno proprio fantastico. Cosa ne pensi? La prossima volta ci impegniamo insieme e vediamo come verrebbe una paginetta tutta scritta bene? Perché per il resto, questo quaderno è proprio bello. Brava amore!
Risultato? Ora, ogni volta che fa i compiti, si impegna tantissimo a rispettare i giusti spazi, le righe e ad evitare i segni troppo forti di matita. Certo, non siamo ancora arrivati alla “perfezione” (forse semplicemente perché per lei la perfezione è ben altro), ma ora sul quaderno trovo solo i bei voti e niente più annotazioni.
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La comunicazione è importantissima: non possiamo lamentarci che i nostri figli non ci ascoltino, se noi non parliamo nel modo giusto… perché a quel punto il problema non sta né nel messaggio, né in chi lo riceve, ma in chi lo invia.
Ricordati sempre che si tratta di un processo a doppio senso: spesso sento genitori fare veri e propri monologhi e figli che ascoltano assenti nella speranza che “la smettano presto”.
Scegli sempre il dialogo aperto: chiedigli ciò che pensa e ascolta con attenzione quello che dice.
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Se vuoi che arrivi un messaggio preciso, elimina tutte le informazioni inutili o secondarie: l’attenzione dei bambini, specie per le regole e i “nuovi apprendimenti”, ha un tempo piuttosto limitato, quindi offri messaggi sintetici e spiega brevemente le motivazioni per cui ritieni sia corretto ciò che affermi. Mi viene in mente una frase che ho letto tempo fa e che è assolutamente rispondente al nostro caso: “Le tue regole hanno più senso se fornisci la base da cui sono state costruite”.
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Questi sono solo alcuni degli accorgimenti che io stessa utilizzo quando mi rapporto alle mie figlie. Il mestiere del genitore è tra i più difficili da portare avanti con destrezza, anche perché ti trovi nella posizione di amare, come con nessun altro potresti fare, una persona che però devi saper anche educare e indirizzare nel miglior modo possibile.
Sai che è necessario mantenere una posizione di autorevolezza: il tuo scopo primario non è essere solo simpatico, ma essere una buona e giusta guida per il suo bene.
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Ecco perché le mie ultime riflessioni di questo articolo riguardano te:
  • Sii coerente.
Tuo figlio impara da ciò che vede e prende esempio dai punti di riferimento che ha. Se vuoi insegnargli qualcosa, dovrai essere tu per primo a mostrargliela nella tua quotidianità.
Sii coerente anche con le regole che imponi: rispettale tu stesso e non includere “eccezioni” per comodità, altrimenti comunicherai contraddizione e incostanza.
  • Prenditi cura di te.
Un genitore stressato, che si trascura, che non sa reagire bene alla rabbia, crea, anche in questo caso, un esempio da seguire. Te lo ripeto: i bambini apprendono per imitazione.
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Tieni a mente che sei la persona giusta per guidare tuo figlio, sei il suo esempio sempre presente, la sua guida: è un compito a volte un po’ duro, ma uno dei più meravigliosi attraverso cui crescere insieme.